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256 | annie vivanti |
la feriva; odiava la vista della gente inglese, il suono delle voci inglesi, il modo di pensare inglese. Nelle tempestose acque della Manica che la separavano dalla sua patria dolorosa sentiva sommerso ed affogato il cuore.
Dieci giorni dopo aver detto a Chérie di non parlarne mai più, Luisa non pensava ad altro, non sognava altro che quel ritorno a casa — alla sua casa devastata, profanata. Ivi voleva rifugiarsi, ivi aspetterebbe Claudio, nella fede, nella speranza e nella preghiera. Si sentirebbe più vicina a lui quando il deserto grigio di quelle nordiche acque non li separasse più.
Là, nel giorno beato della liberazione e della redenzione del Belgio, egli la troverebbe, ferma, fedele, aspettante il suo ritorno. — Ah! certo, certo quel giorno non poteva ormai più essere lontano!
.... Ma ahimè, che direbbe Claudio trovando la sua bambina, muta, inconscia, vagante nell’ombra della vita come un piccolo spettro?... trovando sua sorella Chérie —
Luisa, al pensiero di Chérie si torceva le mani piangendo.
Una notte, torturata dall’insonnia, ella entrò nella camera della cognata. Aveva aperto adagio la porta per non svegliarla; ma Chérie non