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vae victis! | 255 |
Luisa si trovava ogni notte a sognare quel ritorno: sempre ne scacciava il pensiero con ira e con paura, ma sempre quel pensiero tornava a martellarle il cervello, a stringerle il cuore.
Appena chiusi gli occhi — ecco, si figurava di partire da Maylands, di traversare la gelida e turbolenta Manica, di sbarcare a Ostenda, di passare per Louvain, Tirlemont, Liegi — e arrivare a Bomal!... Traversava correndo le vie del villaggio, giungeva al cancello di casa sua... entrava, saliva le scale, apriva l’uscio della camera di Claudio!... Con una scossa Luisa si destava alla realtà. E un istante dopo ricominciava il sogno.
A poco a poco la nostalgia come un enorme serpe le si attorcigliò al cuore, serrandoglielo, stritolandoglielo nelle sue spire, avvelenando del suo morso virulento ogni ora della sua giornata. La bramosia insostenibile di rivedere la sua patria, di riudire la sua favella la strinse, la straziò; e nulla potè più calmare quella sofferenza. Ripensando la sua patria sanguinante sotto il calcagno dell’invasore, più forte e più struggente si faceva in lei quella tortura che si chiama il male del paese.
Finalmente il senso dell’esilio le divenne intollerabile. Tutto ciò che era inglese la urtava,