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222 | annie vivanti |
vanti a questo caso sento l’obbligo di intervenire.»
Il Reverendo tremava, scuotendo le mani congiunte: «Tu — tu uccideresti un essere umano?»
«Non è quasi ancora un essere umano,» fece il dottore crollando impaziente le spalle. «Per me, questa donna è afflitta da un morbo, da una infermità. Porta in sè un male che va estirpato, un male che corrompe ed avvelena le più profonde sorgenti della vita. Se questa donna in queste stesse condizioni fosse tisica, tu lo sai che si ammetterebbe senz’altro l’intervento. Orbene, essa è malata; essa è psicopatica. Il continuare in queste condizioni mette a repentaglio la sua vita e la sua ragione. Il dottore ha il diritto, anzi, ha il sacrosanto dovere di salvarla — se può.»
«A spese della vita umana ch’essa porta in sè?» chiese il Vicario, colla voce soffocata.
«Sì, sì. A spese di questo germe di vita malefico e intossicato.»
Il Vicario con gesto di orrore si portò la mano alla fronte; ma lo scienziato, irremovibile, continuò:
«Se gli eventi seguissero il loro corso, tu lo sai al pari di me ciò che ne risulterebbe. Am-