Questa pagina è stata trascritta e formattata, ma deve essere riletta. |
218 | annie vivanti |
e muta? Volete ch’io gli vada incontro recando in braccio il figlio di un nemico?»
Un profondo silenzio tenne la stanza.
Allora Luisa, stralunata, nel rapido mormorio della demenza, continuò:
«Ma io lo sento... lo sento che divento pazza sotto quest’incubo! Pazza, pazza di terrore e d’odio. Cerco di sfuggire a me stessa, di sottrarmi alla velenosa cosa ch’è in me, che ogni giorno prende maggior forza, ogni giorno diviene più vitale, ogni giorno m’invade di più! Dottore! dottore!» — con un grido gli cadde ai piedi — «è un cancro — un cancro vivente ch’è in me! Toglietemelo! Liberatemene!... o mi darò la morte.»
Cadde prona ai piedi del dottore. Questi, pallidissimo anch’egli, la sollevò.
Poi affidatala alle materne braccia della signora Yule, che col viso inondato di lagrime l’accolse, il medico si volse risoluto al sacerdote.
«Io non prenderò alcuna decisione affrettata,» disse. «Ma se dopo ulteriore riflessione mi convinco che — come uomo e come medico — debbo intervenire ed interrompere il corso degli eventi, non è detto che io non abbia a farlo.»
Il Vicario lo guardò atterrito.