Pagina:Vivanti - Vae Victis, Milano, Quintieri, 1917.djvu/23


vae victis! 11


«Mademoiselle - Chérie - Brandès - Villa - Esther....»

«Dà qui, dà qui», esclamò Chérie, allungando la mano impaziente.

«È di Lulù», disse Mirella, porgendo la lettera a Chérie e tenendo l’altra ancora nascosta dietro le spalle.

«Lulù! Che modo è questo di parlar di vostra madre!» rimbrottò Frida.

«Ma se a lei piace!» rispose ridendo Mirella. «Del resto anche Chérie la chiama così.»

«Chérie è sua cognata, non è sua figlia», sentenziò Frida; poi scorgendo d’un tratto l’altra lettera in mano a Mirella: «Per chi è quella lettera?»

«Hochwolgeborenes Fräulein Frida Rothenstein», declamò Mirella; ma Frida era già balzata in piedi, e le strappò la lettera di mano.

«Uh, che sgarbata!» fece Mirella. «E chi è che ti scrive? E’ la nostra carta da lettere; ma non è la scrittura di Lulù, e neppure di Papà. Chi è che ti scrive tutte quelle sciocchezze di hochwolgeboren sulla busta?»

Nessuno rispose. Con occhi intenti Frida e Chérie leggevano le loro lettere. E Mirella continuò il suo monologo. «Scommetto che è di Fritz. Il domestico di Papà! Immaginiamoci!