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vae victis! | 3 |
Chérie stringendosi nelle spalle traversò la stanza e andò alla sedia dove aveva gettato in tutta fretta le sue vesti. «Se metto i sandali, mi pare che basterà.»
«No, non basta. Sandali e calze», disse Frida. «E cappello», soggiunse, lanciando un’occhiata severa a quella leggiadra testa china, da cui pendevano in lunghi ondeggiamenti le chiome fulvo-dorate.
Chérie si mise in fretta e furia le calze nere, occhieggiando ridente a Mirella; e nulla poteva esser più dolce a vedersi di quelle pupille rilucenti traverso il velo dei capelli sciolti.
Eccola pronta; il largo cappello a pastorella calcato sui baldi riccioli, Amour stretto nuovamente sotto al braccio; e con un cenno di commiserazione a Mirella — fremente d’impazienza per dover aspettare Frida — ella corse giù per la stretta scala di legno di Villa Esther (chez Madame Guillaume) e fuori, col viso ridente rivolto al mare.
La breve rue dei Moulins di Westende, per metà non ancora fiancheggiata da fabbricati, parte da un nuovo «hangar» per aeroplani e conduce alla larga passeggiata asfaltata che costeggia il mare. Chérie v’incontrò qualche altro bagnante. Alcuni uomini tornavano dalla