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vae victis! 133


Infine Eva chiuse il pianoforte.

Allora le due più alte si alzarono, s’inchinarono in silenzio ed uscirono, conducendo per mano come si conduce una cieca la più piccola, il cui pallore sembrava ancor più spettrale, il cui silenzio pareva ancor più profondo del loro.

«Infelici! Infelici!» mormorò il signor Whitaker seguendole con occhio commosso. «Teresa mia, guarda che non manchino di nulla. E quanto a voialtri» volgendosi ad Eva e a Giorgio «spero che avrete sempre tutti i riguardi per queste sventurate che abbiamo l’onore di ospitare. Giorgio,» soggiunse volgendosi al suo bel figliolo con un cipiglio che intendeva essere assai severo, «ho notato che tu le guardavi molto. Non farlo più. La sventura è sensitiva e non vuole essere osservata.»

Giorgio mormorò che non le aveva affatto guardate e se ne andò, imbronciato. Eva mise le braccia intorno al collo del babbo e gli scoccò sulle guancie quei baci rumorosi ed infantili ch’egli tanto amava.

«Vero papà, che posso andare da loro a discorrere un pochino?» gli susurrò.

«E perchè no?»

Eva non aspettò altro e se ne andò correndo nel momento stesso in cui sua madre alzando