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vae victis! 117

Belgio a quest’ora sui divani di casa Mulholland si sdraiavano gli Ulani; e verrebbero gli Ussari della Morte a mangiarsi le conserve di casa Mulholland, a servirsi di francobolli e a criticare il caffè. Comment donc!

E non avevano essi, Pitou, per salvare l’Europa, abbandonato tutto? La patria? La casa? Gli affari?...

Ben presto il meschino Restaurant nel Passage de la Pompe assunse nei loro appassionati ricordi una magnificenza e un fasto di Grand Hôtel. Le souvenir, cet embellisseur, con un rapido gioco di prestidigitazione ne cancellava la sudicia insegna, faceva sparire candele, limoni, sardine e mosche dalla vetrina d’entrata, costruiva qualche piano di più, una facciata a colonne, e riempiva l’imponente fabbricato di clienti ricchi e titolati.

«A proposito, come si chiamava il vostro Hôtel?» chiese un giorno Lady Mulholland. «Noi, andando a Spa, abbiamo pernottato a Bruxelles; e mi ricordo che abbiamo alloggiato in un eccellente Albergo. Il Britannique, o il Métropole, o qualche cosa di simile.»

Madame Pitou si rivolse con un sospiro a sua figlia che soleva fare da interprete:

«Toinon, dille tu il nome del nostro albergo,» sospirò. «Traducilo dal francese.»