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— No, — rispese l’altro, secco secco. — La signora... — esitò, quasi schivo di pronunciarne il nome; — la signora... Rosàlia...

Alberto lo interruppe.

— «Rosàlia»? No. Non conosco Rosàlie.

L’altro parve impazientirsi.

— Come no? Se me l’ha detto la signora stessa...

— Io non conosco alcuna Rosàlia, — ripetè Alberto.

— Lei — insistette l’altro, e la sua voce tremava ancor più, — sta dipingendo una Madonna che è il ritratto di una signora che io conosco.

— Ah! la Madonna di Laghet? Sì, è vero; mi sono infatti inspirato a una signora... un’amica... Ma essa non ha posato per me. E non si chiama Rosàlia. Si chiama Raimonda, — concluse Alberto.

Il cieco crollò nervosamente le spalle.

— Raimonda o Rosàlia... è tutt’uno, — disse impaziente, e Alberto vide sopra gli occhiali azzurri aggrottarsi le fini sopracciglia. Subito si sentì preso da rimorso e da pietà; per un attimo aveva scordato la sventura del suo interlocutore.

— Ebbene? — chiese in tono di maggiore dolcezza: — dato che è così... in che cosa posso io servirla?