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50 annie vivanti


degli amanti, ch’egli con lei non aveva mai conosciuto!...

Un altro fischio, prolungato e villano, gli squarciò l’udito. Era il treno di Verona che entrava nella stazione. Egli si avanzò con lunghi passi volgendo al convoglio il viso torvo e pallido, interrogando gli innumerevoli visi sconosciuti affacciati agli sportelli che sfilavano — dapprima rapidi, poi rallentando — al suo sguardo.

Ma, ecco! ecco! da uno dei finestrini si sporgeva «la sua famiglia!» — la mamma, con un cappellino nero sui capelli grigi; la sorella, con un cappellino grigio sui capelli neri; e accanto a loro la cuginetta Alix, con un cappellino rosso sui capelli biondi. Come mai era venuta anche Alix? Poi Alberto scorse all’altro finestrino anche suo padre e il padre di lei, lo zio Mario; sporgevano i visi tondi e abbronzati, dai baffi un po’ lunghi e spioventi come nessuno li porta più; tutt’e due ridevano, e gli facevano allegri cenni di saluto colla mano.

Scesero; e vi furono abbracci, esclamazioni, interrogazioni.

— Dov’è la cappelliera?... E come stai? Sei sempre stato bene?... La valigia nera, chi l’ha?... Sembri un po’ dimagrito... E gli ombrelli?... Ci vorrà un facchino...