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Lo spasimo fu troppo forte; egli d’un tratto si abbattè sul divano e scoppiò in pianto.

Vacillante ella sorse in piedi e gli fu accanto; ed egli sentì intorno al suo collo le braccia tremule di lei; nei suoi capelli i baci e le lagrime di lei.

— No, no! Adorato, adorato!... non piangere! Perdonami... perdonami!

E come egli, scosso da un tremito convulso, piangeva ancora, ella pianse con lui.

— Era meglio se morivo! Lo so ch’era meglio! Volevo, volevo morire...

Attese da lui la parola di protesta, di tenerezza; ma quella parola non venne. Ed ella continuò smarrita:

— Non piangere... sono qui... sono con te! Ti amo.

Il giovane balzò in piedi svincolandosi da lei, respingendola con un brivido d’avversione e d’orrore.

— Non parlar d’amore! — gridò, cogli occhi lampeggianti, i neri capelli scomposti sulla fronte. — Nefanda creatura! non parlar d’amore!

— Ti amo! — ripetè lei, accasciandosi ai suoi piedi e cingendogli colle braccia i ginocchi.