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138 | annie vivanti |
— Raimonda! — fece, quasi in un singhiozzo. Ed ebbe paura che qualcuno gli rispondesse.
Solo! Era solo. Perchè, perchè era qui solo con questo spavento, con questo strazio? Gli pareva di essere un bambino perduto nella foresta; e avrebbe voluto gridar forte, invocare soccorso; ma l’idea di lacerare col suo primo urlo quel silenzio lo agghiacciò di nuovo terrore.
Indietreggiò verso la porta d’uscita; bisognava correre giù e chiamar gente...
Subitamente ebbe vergogna della sua viltà. No! bisognava affrontare il tremendo mistero di quella stanza: sollevare quella portiera, spalancare l’uscio... e guardare.
Chiara gli si presentò alla mente la visione di lei che ora vedrebbe, bianca e solenne sul grande letto dai tendaggi rossi.
Con un gemito si slanciò, ricacciò la portiera, sospinse l’uscio...
Il cuore gli dette un balzo. La camera, fiocamente illuminata, gli apparve deserta; il grande letto era vuoto e intatto.
Tremando si avanzò, poi gettò un grido. Là! là, nell’angolo... per terra, nell’ombra... cos’era quell’ombra più scura?
Lei! Era lei!