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124 annie vivanti


d’improvviso i pennelli per correre fuori a vedere dov’ella fosse e che cosa facesse.

Ah! era una vita infame, era una vita grottesca e abominevole. Sì; era tempo, era ben tempo di finirla!


Correva, Alberto, su per la collina deserta. Ai lati della strada, nell’ombra, le siepi e i cespugli parevano delle nere bestie accovacciate in atteggiamenti minacciosi e strani.

Un orologio lontano battè due rintocchi. Le dieci e mezza. Bene. C’era tutto il tempo. Mancava più di un’ora alla partenza del treno. C’era tutto il tempo.


Un’ora! Tra un’ora egli sarebbe staccato da lei, liberato da lei, fuori della sua orbita nefasta; ella non potrebbe più raggiungerlo, riafferrarlo, trarlo a sè colle sue lunghe mani bramose e spingerlo poi nell’onta e nella rovina.

A questo pensiero il giovane sostò col respiro breve.

Gli si affollavano alla mente i ricordi. Gli ritornavano al pensiero certe frasi pronunciate da lei al principio della loro relazione, e che allora gli erano parse la fatua vanteria di una donna stravagante ed esaltata.