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Una notte — la sesta o settima, forse — m’addormentai tardi. Ma quando mi svegliai era notte ancora; notte fitta. Tuttavia sentivo qualcuno — certo era Rosàlia — muoversi pianamente nella camera. Il suo passo leggero mi aveva forse destato?

— Rosàlia, sei tu?

— Sono io. Adriano!... — La sua voce era un ansito, rauco, irriconoscibile.

— Che fai?

Un silenzio.

— Rispondi. Che cosa fai, così nel buio?

Ancora silenzio.

E dentro di me e intorno a me qualcosa di orrendo, di indescrivibile, che mi fece gelare il sangue.

Con un urlo scattai a sedere sul letto.

— Accendi!

La mia voce era un ruggito.

Allora in quel buio Rosàlia si mise a strillare. Strillava come una creatura che si sgozza. Ed io, seduto nel letto, cogli occhi spalancati fissi nel nulla, sentivo dei brividi di gelo percorrermi a ondate il corpo, increspandomi le carni.

Lei non cessava dal pazzesco stridìo. Sentii le porte che si aprivano; dei passi affrettati; la voce di Weill, altre voci...