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102 | annie vivanti |
domi col braccio, mi sollevava perchè io vedessi dalle finestre aperte la chiazza azzurra del cielo.
Smarrito, angosciato imploravo:
— Lasciami riposare. Non agitarmi! non agitarti così!...
Ma lei insisteva, tutta scossa da un brivido che io non comprendevo:
— Guarda!... guarda tutto!...
E se appena io mi assopivo, esausto, ella si slanciava su me con un grido:
— No! Non dormire, non dormire! Non chiudere gli occhi!
Io non comprendevo quel suo terrore; non sapevo perchè mi guardasse con quell’aria stralunata; non sapevo che cosa ella temesse ancora.
Così passarono delle ore. O dei giorni? o dei secoli? Non lo so. Weill e un altro dottore non vollero ch’io m’alzassi. Erano sempre al mio capezzale, scrutandomi con sguardi inquieti.
Io non comprendevo il perchè della loro inquietudine. Ormai stavo bene; appena qualche rara fitta di dolore alle tempia e all’occipite, un vago dolore indeterminato mi rammentava l’orrenda follìa di quella sera...