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100 | annie vivanti |
(Alberto ascoltava inorridito. Avrebbe voluto non udir più; avrebbe voluto non vivere più.
Lontano nella notte un cane abbaiò ed ululò nell’alto silenzio della campagna deserta.
E Adriano riprese il suo racconto.)
— Quasi prima ch’io riavessi il senso di esistere, ebbi il senso del dolore. Era un dolore atroce, lancinante, al capo, alla fronte, alle tempia.
E accanto al senso del dolore vi era il senso della paura: una paura frenetica, delirante... non sapevo di che.
Ma ecco — fluttuante, scomposta, sconnessa, come lacerata in mille brandelli — mi ritornò la memoria.
I raggi.... la placca di vetro... Rosàlia... Weill... l’ultra-violetto estremo... Alessi... i raggi... i miei occhi!...
I miei occhi!... Ora li aprirei.
I miei occhi!... Ora m’accorgevo che tutto il dolore — quel terribile dolore, quel senso atroce di schianto come se mi si frantumassero le ossa della fronte! — era nei miei occhi.
Adesso li aprirei.