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56 | annie vivanti |
canto a lui. All’alba si levarono, e ritraversarono con passi lunghi e leggieri la collina.
Ma lo spauracchio non lo abbandonò.
(Taglia il filo, disse la Parca).
VIII.
Quindici giorni dopo il funerale, Nino si arricciò i baffi e se ne andò a Londra. Suo padre non gli fece rimostranze. Veramente lo zio Giacomo stesso trovava la casa esageratamente lugubre; e sentiva intorno a sè un’atmosfera di vaga irrequietezza angosciosa che non poteva attribuirsi alla scomparsa della mite figura dell’avo.
Valeria errava per le camere nel suo vestito di lutto, con un’espressione spaurita e sonnambulesca. Se lo zio Giacomo voleva parlarle, ella scattava in mezzo alla conversazione con aria di bestiola inseguita, e correva a vedere di Nancy. Lo zio Giacomo s’infastidiva. Ma non c’era dunque Fräulein per badare a Nancy? E se Fräulein fosse occupata con la signora Avory e con le domestiche, v’era pur sempre Edith! Edith non adorava forse la piccina, accarezzandola e viziandola? Che bisogno c’era che Valeria si agitasse a questo modo?... Ma Valeria si agitava, impallidiva e correva via. Non più piccole premure per lo zio Giacomo; non più minestroni freddi, fatti espressamente da lei sotto il naso disapprovante della cuoca inglese. Più nulla. In quanto a Nino, poveretto! pareva proprio che per Valeria egli non esistesse più. Ella non aveva occhi che per Nancy e per Edith. Sempre le guardava, le seguiva, s’intrometteva nei loro discorsi;