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i divoratori 39


La signora Avory rise, sorpresa. Nino disse:

— Si può sapere di che cosa tratta la poesia?

— Ma mi pare — disse Fräulein — che si tratti della sua bambola spezzata e del suo canarino morto.

— Ma come? Il canarino è morto? — esclamò Valeria. — Bisognava dirmelo.

— E la bambola è rotta? Ma gliene compreremo subito un'altra, — disse la signora Avory, molto agitata.

— Ma non è... non sono... non è vero... — spiegò Fräulein confusa. — Soltanto Nancy dice che non può scrivere poesie su cose che non siano spezzate e morte.

Il vecchio nonno, che ora parlava di rado, alzò il capo e disse lugubremente:

— Spezzate e morte... spezzate e morte...

E continuò, durante tutto il pasto, a ripetere cupamente quelle parole. Ci vollero alla fine molte sgridate e carezze per farlo smettere.

Quando apparve Nancy tutti vollero sapere della sua poesia, e, ridendo ed arrossendo, la bimba tolse dalla tasca un foglietto e lo diede a Edith.

Edith lesse ad alta voce e con molta commozione i tre brevi versi. Valeria ne improvvisò una traduzione italiana per lo zio Giacomo e per Nino; poi volle leggerli forte Valeria, e poi vennero letti di nuovo con molta espressione da Edith; e ancora una volta da Valeria. Poi da Fräulein. Poi di nuovo da Edith, e ancora una volta da Valeria. Tutti risero e piansero, e Valeria abbracciò tutti.

Nancy era un genio! Già, lo avevano sempre detto! Lo zio Giacomo sostenne che l'ingegno poetico proveniva dalla famiglia di suo fratello; cosa che parve offendere molto la dolce signora Avory. Edith, per cambiar discorso, chiese a Nancy:

— Ma come t'è venuto in mente di scrivere dei versi?

E Valeria esclamò: