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i divoratori | 369 |
fiori e di fanciulli; così teneri che parevano non aver pianto che per i dolori altrui.
Anne-Marie, suonando, poteva appena staccare lo sguardo da lei; ma per senso di dovere ogni tanto lanciava una occhiata sottomessa a uno sfolgorante ufficiale in tunica scarlatta, ricoperto di decorazioni, che ella s’immaginava fosse il Re.
Alla chiusa dell’adagio di Mendelssohn un uomo grave, che sedeva un poco in disparte dagli altri, ed era semplicemente vestito in abito da sera, parlò:
— Io non m’intendo molto di musica. Ma questa musica mi piace.
La regina si volse a lui, e sorrise. E quel sorriso fece trasalire Anne-Marie. Mai ella non aveva veduto un sorriso così dolce, così fulgido e abbagliante! Essa seguì il corso di quel sorriso luminoso e il suo sguardo si fermò sul viso di quell’uomo grave, vestito di nero.
Quel viso! dove l’aveva ella veduto? Perchè era così noto? così caro e famigliare? Perchè le faceva venire in mente New-York, e sua mamma piangente sulle lettere che venivano da Milano? I francobolli! Sì, quel viso lo aveva visto sui francobolli! Era lui, era lui il Re d’Italia! Come aveva potuto credere anche per un solo istante che fosse quell’uomo coi capelli gialli, vestito di rosso? Era questo, questo il Re! E il cuore di Anne-Marie si prostrò in appassionato pentimento davanti a colui che non s’intendeva di musica. Egli forse se n’avvide, perchè cogli occhi benevoli e penetranti le ammiccò.
Bemolle, entrando, aveva fatto il suo profondo inchino; poi s’era fermato vicino al pianoforte, curvo sotto la terribile gioia della augusta presenza; e in tutta la sera non ricuperò mai completamente la posizione verticale; ma bensì si levò e si sedette — ogni volta che gli si rivolgeva la parola — in una rigida postura curvilinea, dolo-