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364 | annie vivanti |
Quella sera, quando venne l’impresario, Anne-Marie non era pronta come di consueto, pallidetta e sognante nel suo vestito di raso celeste. Era nel suo lettino, e dormiva rosea e placida, dopo la lunga giornata passata all’aria aperta.
— Siamo pronti? — disse l’impresario guardandosi intorno.
— La piccola non può suonare questa sera, — disse Nancy. — È stanca. Se avessi saputo dove trovarvi, ve lo mandavo a dire.
— Oh bella! — disse l’impresario, e fece il suo rumore col naso.
— E poi, — continuò Nancy timidamente, — è meglio che ve lo dica subito: non potremo più continuare così. La bimba deve suonare soltanto quando vuole lei. Non deve essere forzata. Basta un concerto o due in un mese.
— Oh bella! — ripetè l’impresario; e sedette, e si tolse di tasca il portasigarette.
— Dunque — continuò Nancy, tremando un poco, — vi pregherò di pagare i concerti che si sono dati finora; e... e poi... ci lascerete andare.
L’impresario diede in una grande risata. Le sue spalle sobbalzavano per l’ilarità.
— Ah, bellissima, proprio! — disse, smettendo di ridere per accendere la sigaretta, e continuando dopo che l’ebbe accesa. — Dunque vi devo pagare, eh? E quanto dovrei pagare, di grazia?
Nancy rispose timida:
— Ma non so... quello che ci viene...
— Ah sì! quello che vi viene. Benissimo, benissimo. — E l’impresario cessò d’un tratto di ridere e guardò l’orologio. — Adesso fate presto. È ora. Hop, hop!
— Ma Anne-Marie dorme, — disse Nancy.
— Svegliatela, — disse l’impresario.