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i divoratori 343


stretto passaggio libero in mezzo. E lontano, in fondo al vestibolo presso le porte, si vedeva ancora la gente ondeggiare e sospingersi come marosi battuti dal vento.

Anne-Marie si volse a sua madre.

— Mamma! che cosa aspetta tutta questa gente?

Nancy, scossa e convulsa dall’emozione, non potè rispondere. Sorrise colle labbra tremanti:

— Andiamo, cara, — disse.

— Ma no! ma no! — disse Anne-Marie, — non voglio andare. Tutti aspettano per vedere qualche cosa. E voglio aspettare anch’io, per vedere cosa c’è!

Ma la folla l’aveva intravveduta e già si spingeva rumoreggiante e formidabile verso di lei; allora la grande guardia col piumaccio si chinò, la afferrò, e sollevandola come fosse una piuma, se la posò sulla spalla. Poi si spinse avanti facendosi largo attraverso il tumulto.

Anne-Marie, dopo il primo istante di sbigottimento, rideva serrando tra le braccia i fiori e la cassetta del violino; questa sbatteva sull’elmo della guardia ad ogni passo che egli faceva. Nancy, nella calca, li seguiva ridendo e singhiozzando, sentendo mille mani afferrare le sue, mille voci commosse benedirla e felicitarla.

— Mamma fortunata! Mamma benedetta!

Essa non sapeva come rispondere. Rideva e piangeva, dicendo:

— Grazie! Oh, grazie! grazie!

Ed ecco, finalmente! — erano in carrozza tutt’e due, strette l’una all’altra, tenendosi abbracciate. Lo sportello fu chiuso, e cento visi ridenti si affacciarono intorno ai vetri.

— Salutali, — disse Nancy, — Salutali colla mano.

E Anne-Marie li salutò colla mano, e coi fiori, e con tutte e due le mani, ridendo e battendo le dita contro i vetri.