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tazione di Nancy, che non chiudeva più occhio la notte, che si figurava Anne-Marie rifiutando all’ultimo momento di presentarsi al pubblico; o scoppiando in lagrime e smettendo in mezzo a un pezzo; o ammalandosi di spavento; o prendendo un raffreddore il giorno prima del concerto! Tutti erano in uno stato folle di esaltazione ed eccitamento, eccetto Anne-Marie stessa. Quanto a lei, pareva non preoccuparsene affatto.

Doveva suonare il Concerto di Max Bruch? Benissimo. E la Fantasia Appassionata di Vieuxtemps? All right! E le variazioni di Paganini sulla corda di sol? Ma sì — e adesso, poteva andar fuori con Schopenhauer? (Perchè anche Schopenhauer, ormai un lungo cane semplice ed inelegante, assai più affettuoso che decorativo, era venuto a Praga, e aveva stretto amicizia con tutti gli allegri cani boemi del quartiere).

— Usciamo pure, — disse Fräulein. — E andrò a vedere di questa veste rosa per il tuo concerto.

— Oh, non rosa, — disse Nancy. — Ci vuole un vestito bianco.

— Io voglio un vestito celeste, — disse Anne-Marie.

E il vestito fu celeste.

In una mattinata di vento e di neve Anne-Marie si recò alla sua prima prova d’orchestra. Nella immensa sala vuota del Rudolfinum, i cento maestri dell’orchestra aspettavano chiacchierando, quando le grandi porte di vetro laterali si aprirono, e Anne-Marie entrò, seguìta da Bemolle portando il violino, e da Nancy portando la musica, e da Fräulein portando Schopenhauer. Dietro a loro veniva il Professore, col cappello a larghe ali tirato giù sugli occhi; torceva tra le dita nervose un grande sigaro spento. Subito nell’orchestra fu un mormorìo di commozione e di sorpresa, e tutti applaudirono, picchiando con gli archi sui violini e i violoncelli.