Pagina:Vivanti - I divoratori, Firenze, Bemporad, 1922.djvu/334

322 annie vivanti


mise sulla tavola della sua camera. L’appartamento che avevano preso era anch’esso nella brutta strada della vecchia Praga, perchè così erano più vicine al Professore.

Di fronte alla finestra di Nancy era una fila di case gialle, di case grigie e di case rosse. Nancy le vedeva ogni volta che alzava gli occhi dal tavolo.

Ma aveva il suo manoscritto e la sua penna e il suo inchiostro, e poteva lavorare senza che nessuno la disturbasse. È vero che il violino di Anne-Marie si udiva anche traverso le due porte chiuse; ma questo, naturalmente, non era che una gioia per Nancy. E poi, se essa si legava una sciarpa strettamente intorno al capo e sulle orecchie, non sentiva quasi più nulla.

Dunque, Nancy non aveva proprio alcuna scusa per non lavorare. Se lo diceva anche lei, mille volte al giorno, seduta davanti al suo tavolo colla sciarpa legata intorno alle orecchie e gli occhi fissi sulla casa gialla dirimpetto.

Dalla finestra aperta entrava il suono di dure e forti voci czeche: lo strano linguaggio nuovo, di cui Nancy aveva imparato soltanto due o tre parole, le suonava costantemente nell’orecchio: «Kavarna... Vychod... Narodni Dum...» le insensate parole le giravano nella testa come un carosello multicolore.

Anche di notte, in sogno, le pareva di tenere lunghe conversazioni in czeco. Ma a tutto ciò ella si abituerebbe tra poco, e potrebbe alla fine mettersi tranquillamente al suo lavoro.

Poichè ora non aveva più ansie, nè preoccupazioni. Del benessere morale e fisico di Anne-Marie si occupava Fräulein Müller, con incessante ed agitata cura: ritenendo di uguale importanza la passeggiata nel parco e lo studio dei «Zigeunerweisen»; la scodella di minestra, e la preghiera mattutina e serale.

E inoltre, Nancy non aveva preoccupazioni materiali. Ella aveva deciso di accettare — con gratitudine