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i divoratori | 301 |
— E voi, cantate? — disse Nancy infine.
Egli alzò gli occhi con una espressione di belva offesa.
— Ho l’aria di saper cantare, io? — chiese.
— Veramente no, — disse Nancy. — Avete l’aria di saper ruggire.
Egli sorrise un po’ sotto ai baffi corti e non rispose.
Nancy rinunciò ad ogni tentativo di conversazione. Il suo cuore batteva forte. Tutto andava male. Egli era già stanco di lei. Aveva l’aria annoiata — no, non veramente annoiata — ma completamente indifferente come se fosse stato solo.
Quando ebbero preso il caffè, egli si alzò (ogni volta che lo vedeva levarsi in piedi Nancy si meravigliava nuovamente di vederlo così alto e poderoso) e uscì, precedendola, dalla sala da pranzo. Nancy gli trottò dietro con passi brevi. Entrarono nel vasto Hall, ed egli scelse un tavolo presso la finestra. Spinse innanzi una poltrona per Nancy, e sedette.
— Permettete ch’io fumi? — chiese, e si tolse un grosso portasigari dalla tasca.
Nancy disse:
— Sì, — e stette a guardarlo.
Lo vide scegliere con cura il suo sigaro, e tagliarne la punta, e accenderlo. Nancy non trovava più una parola da dire. Aveva voglia di piangere. Davanti a questo laconico selvaggio tutte le sue idee frivole e graziose, le sue frasi originali, i suoi motti arguti le abbandonavano il cervello. Non era preparata a monologhi.
Il Selvaggio si volse:
— Voi, non fumate? — disse.
— Oh, no! — esclamò Nancy. — Mai.
Appena pronunciate queste parole un’ondata di vivo rossore le corse sul viso.
Ricordò di avergli scritto che fumava sempre delle