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298 | annie vivanti |
La sua veste sfrusciò; la sua scarpetta dai tacchi alti scricchiolò... E l’uomo nella stanza vicina, tossì.
Nancy si arrestò di botto, agghiacciata, impietrita.
Un altro lungo silenzio, assurdo, insostenibile. Poi, nel salotto, furono dette le Prime Parole. Egli le pronunciò in una voce calma e piacevole:
— Il nostro pranzo sarà freddo.
Nancy rise, di un piccolo riso convulso e dolce. Poi rispose (e la sua voce era nervosa e soave come il trillo d’una colomba):
— Che cosa avete ordinato?
— «Bisque d’écrevisse», — disse l’uomo nella stanza vicina, — e sogliola...
— Fritta? — mormorò Nancy; e, sentendo che se non scivolava dentro su quella sogliola fritta non sarebbe entrata mai più, passò rapida sotto il drappeggio della portiera ed entrò nel salotto.
Si guardarono. Ella vide un uomo di alta statura; una bocca dura, un naso curvo e forte in una faccia bruciata dal sole, due occhi chiari e freddi; e una fronte grave sotto folti capelli grigi e ondulati.
Ed egli la tenne lungamente sotto al suo sguardo fermo e penetrante. La squadrò dalla cima del piumato cappello alla punta delle scarpette Louis XV. E i suoi occhi furono soddisfatti.
— Andiamo, — disse, offrendo il braccio.
E uscirono insieme.
Il pranzo non era freddo. Nancy parlò pochissimo. Era nervosa e timida e incantevole, sorseggiando del Liebfraunmilch colle fossette fluttuanti e il sorriso mite.
Egli le raccontò che aveva delle miniere nel Transvaal e che per vent’anni era stato lontano dai paesi civilizzati.
— Sono sceso nelle miniere quando avevo vent’anni;