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i divoratori 295

«Quella delle Lettere» si sarebbe pettinata a quel modo. Ma quando fu fatto, le parve di avere un’aria troppo insolita e impertinente; dunque sciolse di nuovo i capelli e si decise di adottare una pettinatura semplice e naturale. Divise i capelli in mezzo e fece due treccie che appuntò in corona attorno al capo. Sì; era semplice e naturale! Nancy così somigliava alla minore e più oca delle ragazze svedesi della pensione. Certo non somigliava a «Quella delle Lettere». Dunque tornò da capo. Disfece tutto, e si pettinò alla «Pierrot»: un ciuffo in mezzo e due sbuffi ai lati; un’acconciatura che la rendeva graziosa, frivola ed equivoca.

Mio Dio! erano già le sei! Le creme! Prima, dunque, un po’ di cold-cream su tutta la faccia; poi della crème Impératrice. Poi — Nancy ricordava perfettamente tutte le indicazioni datele dalla commessa del profumiere a New York — poi, dunque, una piccolissima quantità di «rouge Leichner», spalmato con un po’ di crème des crèmes, e lievemente applicato alle guancie. Poi, della cipria rosa; e poi un po’ di cipria Rachel. E adesso?... Ah, sì! un «soupçon» (la signorina aveva detto un «soupçon») di rossetto sul lobo delle orecchie, e dentro alle narici. Le narici — aveva detto la signorina — erano molto importanti.

Adesso un atomo di «mascaro» applicato con uno spazzolino alle sopracciglia; e un’idea di un’ombra intorno agli occhi... Et voilà!

Voilà! Nancy si guardò nello specchio. La sua faccia era bianco-violacea, e le sue narici indicavano un forte raffreddore. I suoi occhi parevano grandi e stanchi e intensi come gli occhi dei volatili occidentali a Montecarlo.

Le sette!! E aveva dimenticato le unghie!

Per venti minuti dipinse le sue unghie colla vernice liquida che era di un rosa vivido: era molto appiccicaticcia,