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i divoratori | 287 |
E Nancy gli afferrò la fredda mano moscia e la strinse con fervore.
— Il peggio è — disse George — che non so dove andarli a cercare. Penso che per l’appunto...
— Oh non me lo dite! Non voglio sapere! — E Nancy si coprì con gesto vezzoso le orecchie. — Preferisco molto di non sapere. Non me lo direte, vero? So che non ruberete, nè assassinerete nessuno! E grazie, caro, caro George! E addio!
Nancy, seguendolo cogli occhi dalla finestra, lo vide saltare sul «cable-car» che andava nella città bassa, e notando le sue spalle cadenti e il suo povero cappello a buon mercato, ebbe molti rimorsi, e sentì di essere un avoltoio e un’arpìa.
— È «Quella delle Lettere» che mi demoralizza, — disse Nancy fra sè.
Il lunedì seguente egli le portò quattrocento dollari, e Nancy versò delle leggiadre e limpide lagrime accettandoli; e non volle sapere da dove venivano; e gli fece molti gesti graziosi e molte irresistibili fossette.
Faceva già la parte di «Quella delle Lettere». Voleva esercitarsi... E con George il risultato fu immediato e stupefacente. Anzi, lo fu a tal punto che Nancy dovette subito smettere di essere Quella, e tornare a essere sè stessa. E allora George se ne andò.
E Nancy uscì e si comprò delle vesti; ma non delle vesti rigide e inflessibili. Comprò delle vesti fragili e fini, e delle vesti morbide e lunghe, e delle vesti diafane e deliziose. Comprò dei grandi cappelli flosci a lunghe piume; dei cappelli che nessuno prenderebbe sul serio. E poi comperò delle scarpe in cui era quasi impossibile camminare. Poi comperò della «crème des crèmes» per la sua faccia; e della «crème de beauté» per le sue mani, e della vernice rosata per le sue unghie, e dell’unguento di violetta ambrata per i suoi capelli.