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i divoratori 283

— Anzi credo che non erano proprio «uccellin», erano forse «rime»...

E Fräulein ritentò:

Stamane nel giardino
Io colsi i vaghi fior,
Stamane nel giardino (o nell’orto)
Volavan rime ancor.....

— Perchè volavano? — chiese Nancy.

— Non so, — disse Fräulein, coll’occhio vitreo di chi cerca rammemorare qualche cosa. — Forse sbaglio in qualche piccolo dettaglio. Ma ti accerto che erano bellissimi. E tu eri una bimbettina piccola, piccola come Anne-Marie.

— Ascolta Anne-Marie! — disse Nancy, accennando alla finestra aperta della saletta da pranzo.

Anne-Marie non aveva voluto venire neppure per due ore al Gartenhaus senza il suo violino. E adesso si era chiusa nella sala da pranzo a studiare. Ripeteva molto piano una piccola ninna-nanna, lieve e dolce, e perfettamente intonata.

— Quella è un vero Wunderkind, — disse Fräulein. — Un vero prodigio!...

Così l’aveva chiamata anche Markowski appena l’aveva veduta scossa da pianto convulso quando egli suonava. Aveva detto:

— Questa è un Wunderkind. Le insegnerò il violino.

Difatti l’indomani era venuto, portando un piccolo violino di mezza misura che pareva il morto Guarnerius, risuscitato e malconcio. Poi aveva dato ad Anne-Marie la sua prima lezione.

La lezione fu lunga, e Anne-Marie ne emerse con le guancie infocate e gli occhi sdegnosi. Una profonda ira le bruciava il cuore.