Pagina:Vivanti - I divoratori, Firenze, Bemporad, 1922.djvu/290

278 annie vivanti

salottino in un Grand Hôtel. Sarà nel pomeriggio, un po’ tardi, perchè siano già accesi per tutta la stanza i lumi rosso-velati, come fiorellini lucenti in un racconto di fate.

«Udrò bussare alla porta. E voi entrerete nella mia vita.

«E allora? e allora, caro Sconosciuto?

«Quando le mie mani, come farfalle imprigionate, saranno chiuse nelle vostre mani, quando i vostri occhi si affonderanno nei miei, che ne sarà della balda mia sfrontatezza, della mia gaiezza frivola e disinvolta? Io so che sarò muta e spaventata.

«Già al solo pensarci mi sento pulsar via la vita per l’estasi, e l’ansia, e la felicità!

«E allora?

«Allora saremo rigidi e compassati e corretti!... L’Usanza, come una vecchia signora per bene, ci riprenderà per mano e ci ricondurrà a passeggiare per i giardini della Consuetudine, tra le ben tenute aiuole e i frequentati viali della Convenzionalità.

«O credete voi forse, ignoto amico mio, che oseremo sfuggirle? Che in groppa al fantastico destriero della nostra Sorte ci lancieremo al di là delle barriere e dei divieti, nei fiammanti abissi della passione?

«Addio, mio signore. Ben inteso, non verrò».

XIII.

Fräulein Müller veniva in città tre volte alla settimana per insegnare ad Anne-Marie l’aritmetica e la geografia.