Questa pagina è stata trascritta e formattata, ma deve essere riletta. |
266 | annie vivanti |
— Sì, da bambina, — disse Nancy.
Poi venne il pesce. E mentre Nancy lo mangiava, sentiva sempre quello sguardo intento e benigno fisso su di lei.
Passato il montone, la signora tedesca parlò ancora.
— Mi pare di averla udita oggi parlare italiano colla bambina. È lei forse del bel paese dove il sì suona?
Nancy sorrise.
— Mia madre era italiana, — disse. — Mio padre inglese. Io sono nata a Davos, in Isvizzera.
Senza nessuna ragione apparente le guancie della signora tedesca si tinsero di un vivido rossore. Non parlò più. Ma dopo che il «pudding» di semolina aveva fatto due volte con lenta insistenza il giro della tavola, e che la frutta — passata rapidamente una sola volta — era sparita, la signora con voce un po’ tremula chiese a Nancy:
— Parla il tedesco?
— Sì, — disse Nancy. — Ho avuto una governante tedesca.
Ancora una volta le guancie della signora si soffusero di rossore. Il pranzo era terminato e tutti si alzarono e passarono nella sala di lettura. Ma Nancy andò nella sua camera per scrivere allo Sconosciuto.
«Voi mi chiedete di parlarvi di me: questo mi piace, perchè sono egoista e soggettiva.
«Io sono una giocatrice. A Montecarlo la Roulette — la folle Lorelei del Mezzogiorno, dagli occhi verdi, dalla voce d’oro — mi attira e mi incanta! Le ho gettato, or non è molto, nella avida gola insaziata tutti i denari su cui potevo mettere le mie piccole mani bianche. (Ora sapete che ho delle piccole mani bianche).
«E sono una sognatrice. Sono uscita per solitarie vie, sognando voi, mio sconosciuto eroe, e le misteriose