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i divoratori | 261 |
delle cose note e aggradevoli. In quel piccolo cerchio dorato ella vedeva, come traverso un magico cannocchiale, le cose lontane che essa ricordava e amava. «Hôtel Metropole»! Le pareva di vedere la rotonda dell’«Hall», brillantemente illuminata, e le eleganti signore dalle lucide chiome infiorate, passare con fruscìo lento a fianco degli uomini cortesi e corretti.... E la premura degli zelanti camerieri; e gli inchini del portiere ossequioso; e il pronto accorrere dei paggetti in livrea scarlatta.... E fuori — al di là delle giranti porte di cristallo — Londra, gaia, folle, illuminata, riversandosi in fiumana di carrozze ai suoi divertimenti....
Nancy sedette e rispose alla lettera dell’Ignoto:
«Il grande salone dorato è chiuso, e tiepido, e fragrante. Le lampade e il fuoco versano un lume pacato sulle pesanti tende di broccato, e sui floridi arabeschi del tappeto.
«Delle grandi rose pallide ergono la corolla dai loro vasi di Copenhagen, e la loro tinta è così fine, ch’esse sembrano essere la continuazione dei fiori di morbida luce pinti sulla porcellana.
«Sento le loro anime profumate che respirano vicino a me.
«Io sto fumando una sigaretta russa, odorante d’eliotropio bianco — e vi scrivo!
«O sconosciuto amico! come bene si accompagna alla fragranza delle rose, al lieve fumo della sigaretta, il pensiero di voi, anch’esso così vago, così dolce, così incerto....»
Uno strillo acuto nella stanza vicina fece balzare in piedi Nancy; e colla penna ancora in mano corse nella camera di Anne-Marie. La piccina — un virgulto bianco —