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260 | annie vivanti |
di suo padre. Ne parlò talvolta, nel modo indifferente e gaio che hanno i bambini. Poi non ne parlò più affatto.
Minna girò per la casa con gli occhi rossi e il naso gonfio, e dopo qualche giorno i conti della spesa giornaliera segnarono un inverosimile rialzo.
Nancy pagò tutti i suoi debiti; comprò delle vesti per sè e per Anne-Marie, e diede congedo a Mrs Johnson.
Visitò delle pensioni nei quartieri distinti di New York, e fissò due stanze eleganti in un «boarding-house» di Lexington Avenue.
Nella sera che precedette la sua partenza dall’appartamento della 82.ma Strada, vennero Peg e George ad aiutarla a riporre le sue cose e a chiudere i bauli; ma presto furono richiamati a tornare nel loro alloggio, dalla venuta di un amico. Peg spiegò a Nancy, abbracciandola, che era un musicante polacco, certo Markowsky, che veniva qualche volta a far musica con George.
Anne-Marie dormiva. Nancy restò sola nel salotto spoglio, da cui era già stato tolto e messo via tutto ciò che le apparteneva. Il defunto signor Johnson la guardava mestamente, e anche l’aborrita lampada a piedestallo — accesa finalmente col consenso della commossa Mrs Johnson — versava una luce blanda sul fascio di rose, portato quella sera dal cupo e innamorato George.
Due rudi colpi battuti alla porta la fecero sobbalzare. Era il postino con una lettera per lei. Da Aldo? No. Veniva dall’Inghilterra, ed era per «Miss Brown». Nancy richiamò il solenne postino e gli diede mezzo dollaro.
— Grazie. Sissignora. Va bene. Tutte le lettere, anche per Miss Brown, a Lexington Avenue? Sissignora. Sarà servita. Buona sera.
Nancy aprì la lettera. I suoi occhi posarono con piacere sulla grande e caratteristica calligrafia. Anche lo stemma del Grand Hôtel in cima al foglio pareva narrarle