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i divoratori 259


No, null’altro. Non l’amore. L’amore che li avrebbe sollevati e aiutati attraverso le angoscie e le avversità, non era più nel cuore di Nancy.

L’amore che essa aveva avuto per lui, e ch’ella si era compiaciuta di figurarsi come un epico e trionfante arcangelo, forte e armato, non era stato dopo tutto che un piccolo spettro, frale e sensitivo — mezzo bimbo, mezzo fantasma — e ferirlo era ucciderlo. E i Fati si erano divertiti a lapidarlo e a crocifiggerlo, questo amore; l’avevano percosso e calpestato; l’avevano trascinato per squallide vie e per scale sudicie, l’avevano soffocato sotto a mucchi di bruttezze.... Ora che Nancy osava guardarlo in faccia, vide che già da gran tempo era morto.

E per Aldo non ebbe che pietà.

Trasse da sotto il letto il suo vecchio baule, e vi ripose con rimorso e compassione le cose che gli appartenevano: i suoi pochi libri; le sue spazzole e il suo pettine rotto; le vecchie scarpette di vernice che portava in casa invece di pantofole; qualche pacco di sigarette.

Quando, aprendo il suo armadio, vide che era quasi vuoto, e che Aldo aveva già portato via tutti i suoi abiti nuovi, ella ebbe un piccolo sorriso triste. E ricordò ch’egli le era parso molto pallido quando quel mattino le aveva detto addio.

Come aveva fatto a procurare quei cinquecento dollari per lei? Da chi?

Allora, subitamente, Nancy s’inginocchiò.

Accanto al baule aperto di Aldo e alle sue povere vecchie cose, Nancy pregò per lui come egli nella sua lettera l’aveva pregata di fare.

Quando si alzò, chiuse il baule, e vi chiuse dentro anche il ricordo di Aldo, che non doveva più essere vivo in lei.


Anne-Marie parve quasi non accorgersi dell’assenza