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i divoratori | 15 |
si erano dati la mano per attirarla fuori, verso l’ignoto e le chiamanti acque e i prati in fiore. Arrossente ed esitante, con un mazzo di primole alla cintura, ella aveva ritrovato il sentiero che va per i prati al ponte, e dal ponte al bosco di faggi... Ma nessuno la vide, eccetto un magro cavallo solitario in mezzo a un prato, che all’improvviso la rincorse, con la coda in aria e la criniera al vento, facendola rabbrividire di paura.
Giunta nel bosco scorse subito, vicino all’acqua, la garza nera e il biglietto che v’era appuntato. Lo lesse tremando. Egli diceva di chiamarsi Frederick Allen; studiava legge nel Temple e scriveva per i giornali. Le diceva inoltre che essa aveva degli occhi «haunting», e che ahimè! certo non si sarebbero riveduti mai più! Egli domandava se avesse poi ritrovato quel béby di cui il pensiero l’aveva tanto agitata; e dove mai era stato lasciato? e che béby era? E perchè, oh, perchè non s’era ella voltata neppure una volta per fargli un cenno d’addio? Egli la pregava di non adirarsi se egli si permetteva di dirle che l’amava, e che non la dimenticherebbe mai più. E che per pietà ella gli dicesse il suo nome! Soltanto il suo nome! Please! please. Ed egli era per sempre e per sempre il devoto suo Frederick.
Valeria tornò a casa come in sogno. Andò a cercare nel suo dizionario inglese-italiano la parola «haunting». La trovò: «ossessionante»!
Si sentì contenta di avere gli occhi ossessionanti. E lui, che occhi aveva? Non si ricordava più. Azzurri forse. Forse bruni.
In tutti i modi Valeria rammentava il suo viso, giovane e abbronzato; ed aveva pur notato, quando salutandola sul ponte s’era tolto il cappello, la lucentezza bionda della sua corta capigliatura.
Pensò dapprima che sarebbe bene rimandargli la lettera; senz’altro.