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i divoratori | 253 |
conosciuto diciotto anni prima, e che era stata così maternamente buona per lui. E che poi — poverina! — aveva avuto anche il vaiolo nero.... Egli si augurava di cuore che ella fosse precisamente quella Miss Brown.
Nancy sentì che doveva scrivere subito per dirgli che non era quella Miss Brown.
E glielo scrisse.
E lì finì la corrispondenza. Almeno, così disse Nancy a sè stessa, tornando su per le strette scale buie, dopo aver impostato questa lettera finale.
Nancy accese il gas nel salotto, e sedette colle mani in grembo. Era sola, quella sera, come tante altre sere. I bambini colle teste grosse la guardavano. E il morto signor Johnson con gli occhi bianchi la guardava. Sul caminetto la piccola pendola sgangherata pareva chiacchierar piano, e affannarsi a sbattere via il tempo in fretta e furia. Nancy l’ascoltava. Il battito continuo, un poco irregolare, si faceva ritmico al suo udito.
Le venne in mente una vecchia rima francese, che pareva battere in tempo coll’orologio:
La belle qui veut, |
Era la storia della Bella, che voleva entrare nel Giardino azzurro, e che al mattino passò davanti ai grandi cancelli aperti.
E si fermò di fuori, a guardare.
La belle qui veut, |