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i divoratori 249


— Ecco, — disse, cacciando entro le mani di Nancy il mazzo di fiori, — per lei!

Nancy si ritrasse, ma il ragazzo le spinse nuovamente tra le mani il gran pacco avvolto nella carta velina, poi girò sui tacchi e se ne andò zufolando.

Nancy lo rincorse, ma lui correva più presto, voltandosi ogni tanto a guardarla e a ridere. Sparì dietro una voltata e Nancy si fermò, pensierosa e sorpresa.

Scostò un poco, in alto, la carta sottile e guardò i fiori: erano tutte orchidee color d’ametista, e capelvenere! Un mazzo da regina!

Nancy tornò lentamente verso casa, tenendo con ambe le mani i fiori dinanzi a sè. La loro fragile, stravagante bellezza le sollevò lo spirito dalla polvere in cui era prostrata.

Entrò rapida nella sua camera, sfuggendo Minna che era in cucina lavando con fracasso i piatti. Chiuse a chiave la porta della sua stanza, e sedette accanto al letto.

Tolse la carta velina che li avvolgeva, e i meravigliosi fiori, roridi e scintillanti, la salutarono con tremolìo soave.

Tra le corolle giaceva una lettera; la busta portava la sigla di un piroscafo transatlantico. Nancy l’aprì con mani timide.

«Cara Sconosciuta, vestita di celeste,

«Mando questa lettera, come un fanciullo manderebbe una barchetta di carta a galleggiare lungo un fiume. Dove andrà? A chi giungerà?

«Parto ora dall’America. Quando i vostri occhi (azzurri? neri? chi sa?) leggeranno queste parole, io sarò già sull’Oceano. La «Lusitania», a bordo della quale vi scrivo, batte e pulsa già verso l’Europa, come un gran