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i divoratori 245


Dopo di ciò, quando il morto signor Johnson faceva più del solito paura a Nancy, essa andava nella camera di Anne-Marie e batteva sul muro con una spazzola. E allora arrivava Peg, a passare la serata amichevolmente con lei.

Spesso veniva anche George, e leggeva ad alta voce i supplementi letterari del «New York Herald». Leggeva specialmente tutte le poesie.

— Eh, — disse sua sorella, — George, per la poesia, è famoso!

George sorrise modestamente, e si passò le ben manicurate dita nei radi capelli.

— Mah! — sospirò, — oggi-giorno dei veri poeti non ce n’è più. Sono tutti morti da un pezzo!

E Nancy disse:

— Temo anch’io che sia così.

— Mamma! — chiamò la voce chiara e sveglia di Anne-Marie traverso la porta socchiusa.

— Sì, cara, — disse Nancy. — Buona notte.

— Mamma, — ripetè Anne-Marie. — Vieni qui.

Nancy si levò e andò da lei.

Anne-Marie era ritta a sedere nel letto.

— Cos’ha detto quello lì? — chiese con voce di tortorella inquisitrice.

Nancy non seppe rispondere. Non capiva.

— Ha detto — disse Anne-Marie, terribile, e scandendo le parole — che tutti i poeti erano morti. Tutti quelli veri. E tu m’hai detto che i poeti non morivano mai.

Nancy sedette sul letto e strinse al cuore la piccola testa morbida e arruffata.

— Ti spiegherò domani, — disse. — E tu non devi ascoltare ciò che si dice nella stanza vicina. Non è una cosa leale.

— Cosa vuol dire leale?