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i divoratori 243

tuccie e bottoni del corpettino di sua figlia e baciandole la nuca tiepidetta e fragrante.

— Non so più. Me l’ha detto: è un nome piccolo e secco. Come una tosse.

Nancy rise, e le ribaciò la nuca così grassetta e bianca e dolce. E proprio in quel momento qualcuno bussò; ed era la ragazza che stava vicino, che veniva a far visita, e portava un orso di cioccolatte per Anne-Marie.

Il suo nome era Peg.

— Sono venuta perchè ho pensato che vi annoiavate, tutta sola; — disse Peg, entrando con Nancy nel salotto, dopo che Anne-Marie era stata ben coperta e baciata e messa a dormire coll’orso (avendo solennemente promesso che non lo avrebbe nè rosicchiato nè leccato!).

Allora Peg raccontò che lavorava da un parrucchiere nella Madison Avenue.

— Faccio specialmente la manicure. Aggiusto le unghie, le rendo rosse e lucide che paiono rubini. Nauseante professione, — soggiunse; — pensate dunque: tutte quelle diverse mani che devo tenere!... mi fanno venire il mal di mare. Specialmente quelle delle donne.

Nancy rise. Peg le offrì di accomodarle le unghie, così, per divertimento; e Nancy, dopo aver esitato un pochino, la lasciò fare.

— Ma, Dio buono! Avete delle mani da signora, — disse Peg.

E la coppa d’amarezza di Nancy fu colma. Cambiò discorso.

— Siete voi che suonate il pianoforte? — domandò alla vicina.

— No. È mio fratello. Lavora in un ufficio di messaggerie. Ma per la musica, è famoso!

A questo punto dalla stanza vicina s’udì la voce di Anne-Marie (che voleva sempre la porta aperta).