Questa pagina è stata trascritta e formattata, ma deve essere riletta. |
238 | annie vivanti |
trasse un profondo respiro. Accettò con più stupore che affetto questa terza Hermina, e non la baciò.
Quella Hermina morì presto, e Nancy con un sorriso trionfante ne produsse una quarta. Con uno strillo d’indignazione e d’odio, Anne-Marie la afferrò per le ben conosciute scarpe dipinte, e le sbattè l’aborrita e ben ricordata faccia per terra.
Le altre otto le furono date tutte insieme; e furono gettate per terra e detestate e calpestate. Durante molte notti i sogni di Anne-Marie furono popolati da Hermine morte e risuscitate; da placide Hermine sorridenti e senza gambe; da Hermine instivalate e senza naso; da spaventose Hermine, sane se viste di dietro, ma con tenebrose caverne al posto della faccia, sotto le flave chiome stoppacciose.
Non volle più bambole. E i suoi divertimenti furono presi dove li trovava: più che altrove in cucina. Le sarebbe piaciuto di lavare i piatti, ma questa era una gioia proibita; ma le piaceva farsi vedere con un asciugamano di cucina sotto al braccio, a girare per la cucina, o a spolverare i mobili con fare disinvolto e importante, come Minna.
S’estasiava al vedere il ragazzo del macellaio sbattere sul tavolo un pezzo di filetto; e le sguaiate risa della nerissima «coloured lady» — così chiamano le negre a New York — che ogni sabato portava la biancheria, erano suoni dolci e dilettevoli al suo orecchio.
Le piaceva anche il pianoforte che qualcuno suonava malissimo nell’appartamento attiguo; il pianoforte che faceva disperare Nancy quando cercava di mettersi a scrivere.
· | · | · | · | · | · | · | · | · | · | · |
Tu che sorridi ancora inghirlandata |