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234 | annie vivanti |
furono dedicati all’istruzione e all’educazione di Anne-Marie.
Durante i mesi che seguirono Nancy inventò per la piccina un gioco che ebbe molto successo.
— Facciamo questo gioco, — disse Nancy, — che tu sei un piccolo libro che ho scritto io: un bel piccolo libro come le fiabe di Andersen.... sai bene, quello che ha dentro le belle immagini di principessine e di fate. Ebbene, in questo libro ch’io amo tanto....
— Di che colore è? — disse Anne-Marie.
— Oh! tutto bianco, e rosa, e oro, — disse Nancy, baciando le chiome lucenti della sua bambina. — Dunque, in questo libro, in mezzo al più bello dei racconti di fate, ecco che qualcuno è venuto a fare dei brutti sgorbi, a scrivere delle parole comiche e insensate.... come.... come «butter-bread»!
— Chi ha fatto questo? — disse Anne-Marie.
— Ma, non so!... Minna....
— Perchè gliel’hai prestato? — disse la piccola, facendo un gesto col capo che la faceva somigliare a suo padre.
— Hai ragione, amore. Non lo farò più. Lo terrò sempre sempre con me, il mio piccolo libro prezioso!... Dunque, dà retta. Io devo togliere quelle parole sciocche e brutte, non è vero? e mettervi invece delle parole belle, e dei pensieri dolci. Altrimenti nessuno vorrà leggere il libro. Non ti pare?
— Già, — disse Anne-Marie, con gli occhi un po’ attoniti. — Ci metterai anche le immagini?
— Oh, sì! — disse Nancy. — E vorrei poterci mettere anche delle rime!
— Perchè? a cosa servono le rime? — disse Anne-Marie.
— Non c’è nulla di più bello, — disse Nancy. — Proviamo!