Pagina:Vivanti - I divoratori, Firenze, Bemporad, 1922.djvu/230

218 annie vivanti


Dunque, ciò significava che la signora Van Osten era innamorata di lui. Lo pagava per tenerlo vicino a sè, dove, quando volesse, lo poteva chiamare. Il lavoro non era che un pretesto per tenerlo lì, a due passi da lei, nella stessa strada; fors’anche — chi sa? — per tenerlo lontano da altri...

— Povera donna! — sospirò Aldo. — Quanto deve soffrire! — Quindi aggiunse pensieroso: — Però, venti dollari alla settimana sono pochi.

Le otto erano passate da dieci minuti allorchè Aldo quella sera s’avviò rapido per la 66.ma Strada, verso il palazzo Van Osten. A pochi passi dalla casa s’imbattè nel signor Van Osten che usciva.

Aldo lo salutò rispettosamente; ma Van Osten si fermò ad accendere un sigaro e parve non accorgersi del suo saluto.

Aldo trovò la giovane signora nel salone, sola; era vestita di nero, colle spalle nude, e coperta di brillanti. Pareva agitata e incollerita.

— Siete in ritardo, — esclamò, vedendo Aldo.

— Perdonate! — scongiurò lui.

E si precipitò per baciarle la mano. Ma la signora Van Osten la ritrasse irosamente.

— Avete incontrato mio marito?

— Sì, — disse Aldo.

— Vi ha visto?

— Sì.

— Ne siete certo? Ne siete certo?

Il giovanile petto un po’ scarno, ansava.

— Sì, certissimo, — disse Aldo.

— Vi ha veduto? Vi ha veduto venir qui, e non è tornato indietro?

Le sottili labbra si fecero più strette. Aldo, guardandola, la trovò quasi brutta. Pareva una piccola edizione disseccata e striminzita della signora Doyle.