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142 | annie vivanti |
gettò uno sguardo di appassionato desiderio verso quel «Capitolo XVII» che, in grandi caratteri, le arrideva capovolto sul foglie bianco dall’altra parte della tavola. L’inchiostro ancora bagnato del «XVII» luccicava e le faceva cenno di affrettarsi. — Aspetta che abbia finito il mio Libro. Vedrai, vedrai allora! Farai tutto quello che vorrai. Ce ne andremo a passare dei giorni azzurri in campagna; e saremo felici, ultracelestialmente felici! — E poi soggiunse, per fargli piacere: — E saremo anche ultramericanamente ricchi!
Egli levò su di lei i neri occhi profondi, ed ella pensò che somigliava al San Sebastiano del Murillo.
— Il tuo Libro ha inghiottito tutto il bene che mi volevi! — disse Aldo.
— Ma no, — disse Nancy, e gli accarezzò la bella fronte. — Ma se sei tu, se è la tua presenza, la tua arcangelica bellezza che mi ispira e mi aiuta a scrivere!
Aldo sospirò.
— Eh, lo so che sono una nullità!... E non mi resta che a rallegrarmi che, per il fatto che non sono un mostro, ti ho aiutata a scrivere il tuo Libro.
Nancy sentì una fitta di rimorso.
— Non dire delle cose amare, cuor mio, — pregò. — Devo, devo essere egoista per un po’ di tempo ancora! Se non scrivo mi pare di avere nel cervello un demone pazzo che strepita e stride per venir fuori... Ed oh! Aldo! quando mi veggo davanti la carta lucida e bianca, piena di abbaglianti promesse, sento d’un tratto in me l’urto dell’ispirazione, e la chiamata! Allora dalla vecchia penna d’avorio balza e scaturisce la parola, facile, rapida, piana.. E mi pare di essere una fonte d’acqua montanina che lancia in fulgido zampillìo la sua vita al sole.
Aldo prese ed attirò a sè il dolce viso acceso.
— Lavora dunque, — disse, e la baciò. — Nulla deve interrompere la tua opera.