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i divoratori | 133 |
Questa frase l’aveva imparata da suo nonno, che teneva un negozio di coralli in via Chiaia a Napoli. La moglie del nonno — una bionda di Piedigrotta, che nella sua radiosa adolescenza aveva posato per molti pittori tedeschi e inglesi — aveva detto: «Sì, ma l’educazione è l’educazione». E aveva mandato i suoi tre figli in collegio a Modena e a Milano. Il maggiore, che fu poi padre di Carlo e di Aldo, aveva imparato a dire: «Un gentleman è un gentleman». E per seguire questa massima non volle più avere nulla a che fare coi genitori che tenevano negozio a Napoli. Alla sua morte il primogenito Carlo, appena ventenne, si sentì in dovere di andare alla ricerca dei suoi nonni. Li trovò, placidi e grassi, nella loro bottega. Non avevano bisogno di lui; anzi ne avevano molta soggezione e lo chiamavano «Eccellenza». Ma i due vecchi s’innamorarono subito del piccolo Aldo che aveva tredici anni ed era inverosimilmente bello. Lo tennero con loro, lo adorarono, lo viziarono, gli diedero la chiave del banco, perchè si divertisse a contare i denari... E ad Aldo piacquero molto i nonni e il loro negozio. E imparò che il denaro è denaro.
Nancy, di fronte a quella frase, ammutolì. Aldo, camminando al suo fianco lungo il boulevard, continuò:
— Vedi, è la gente come Carlo che guasta tutto per gli altri. Carlo è un perfetto cretino nello spendere i suoi denari.
— Oh! ma è così buono Carlo! — disse Nancy.
E lo disse con tale fervore che Aldo si chiese se per caso ella non sapesse che era Carlo che pagava tutte le loro spese, quelle del viaggio — con molte fantastiche aggiunte di Aldo — e anche quelle di tutto l’anno, a partire dal giorno delle loro nozze.
«Ma bada che dopo di ciò non ti dò più un soldo», aveva soggiunto Carlo, nel breve discorso fatto a suo fra-