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i divoratori 101


— No, no, — disse. — No! Lo prometto.

— Pensi che il suo capolavoro non è ancora scritto. Questi piccoli versi sono il passato. Ora, su alla nuova opera! Chiuda la porta a tutti e cominci un nuovo lavoro domani.

Nancy disse:

— Sì, sì, lo farò. — Ma mentre diceva così, volgeva già verso Della Rocca i chiari occhi distratti. — Ah, che cosa cantate? «Der Musikant»?

E Della Rocca, che cantava una romanza tedesca pronunciandola come se fosse genovese, fece cenno di sì.

— La poesia non è di Eichendorff?

— «Aus dem Leben eines Taugenichts», — disse Della Rocca.

— Ah! sapete il tedesco? io adoro la gente che parla tedesco, — esclamò Nancy, su cui la malìa dei poeti tedeschi posava ancora.

— L’ho imparato a Göttingen, — disse Della Rocca, col suo sorriso luminoso.

— «Ach! die Stadt die am schönsten ist, wenn man sie mit dem Rücken ansieht»! — fece ridendo Nancy.

Anche Della Rocca rise, sebbene non avesse capito. Poi si volse di nuovo al pianoforte.

Nancy si sentiva felice e incline alla bontà.

— Non se ne vada, — disse a Kingsley, — segga e mi parli.

Ma Kingsley rifiutò. Della Rocca tornava a cantare piano, e già alle prime note della morbida voce tenorile, l’inglese vedeva riapparire negli occhi di Nancy quella luce distratta, mentre un brivido le impallidiva lievemente le guancie.

— Tornerò un giorno o l’altro, se permette, — le disse. — Ma spero quasi di trovare la sua porta chiusa.

Anche una volta il rapido pensiero alato traversò