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Mazza1 pure colloca Lecco, Mandello e Varenna nel territorio bergamasco. E di questo parere fu pure un insigne erudito milanese, il Fumagalli, che restringe però questa giurisdizione bergamasca sul lago, al solo periodo Longobardo2.

Questi scrittori si appoggiano in parte su quanto ha scritto Paolo Diacono sui confini di Venezia da lui portati al mare e all’Adda, ma è però probabile che queste indicazioni fossero assai generiche, e che l’Adda non segnasse il confine che nella pianura.

Tra i milanesi l’antico storico Galvano Fiamma nel suo Manipolus Florum fa dipendere per l’alto medioFonte/commento: 524 la Valsassina e tutta la riviera di Lecco, dai cosidetti Conti di Valsassina antenati dei Torriani.

Il nostro Giulini, l’autorevole storico lombardo, mette il contado di Lecco alla dipendenza di Milano ed enumera le pievi di Mandello, Varenna, Bellano, Dervio e della Valsassina come appartenenti al contado di Lecco.

Il Fumagalli3 già ricordato ritiene che nel generale smembramento dei territori della Diocesi, avvenuto nel secolo X, anche il contado di Lecco dovette essere separato dal territorio della diocesi di Bergamo. Non è d’accordo col Tatti, storico comasco, riguardo al diploma dell’imperatore Corrado del 1026, che avrebbe confermato quel territorio al Vescovo di Como, perchè nel diploma stesso si parla soltanto del dazio da esigersi sulla pesca nel detto contado, mentre invece il vero possessore sarebbe stato l’arcivescovo di Milano, che ha continuato a goderne il possesso fino alla proclamazione della Repubblica milanese, la quale si appropriò, con gli altri fondi arcivescovili, anche il contado di Lecco, di cui l’Arcivescovo non conservò che il diritto diocesano.

Il Fumagalli non è d’accordo nemmeno con G. B. Giovio, che, come tutti gli storici comaschi, ritiene che, con l’estinzione dei conti di Lecco, il contado fosse passato al vescovo di Como, appoggiandosi alle note, ma non ben chiare donazioni imperiali4.

Ignazio Cantù e, più recentemente il Corti, seguono il Giulini. L’Arrigoni asserisce che nell’alto medio-evo i confini ecclesiastici e politici dovevano coincidere, e ne deduce che la riviera di Lecco e la Valsassina dovevano dipendere da Milano, combattendo così la tesi degli scrittori bergamaschi con a capo il Lupi.

Il fantasioso e poco attendibile cronista Giuseppe Stampa, nella sua storia di Gravedona5, scrive che questo insigne borgo, scacciato Desiderio, ultimo re longobardo, rivendicò la sua piena libertà comunale, si eresse in contea estendendosi per tutta la riva del lago e compren-

  1. Mazza, Coreografia bergamasca dei secoli VIII, IX e X.
  2. Fumagalli, Codice Santambrosiano.
  3. Fumagalli, idem.
  4. Giovio G. B., Como e il Lario - Commentari, 1795.
  5. Stampa Giuseppe, Notizie storiche intorno al comune di Gravedona, Milano, Salvi, 1865.