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secolo xvi 119


I beni delle chiese godevano il beneficio dell’esenzione delle tasse, però qualche piccolo aggravio lo avevano egualmente.

In occasione dell’erezione dei seminari diocesani, ordinata con decreto del 15 luglio 1563, venne imposta una tassa su tutte le rendite beneficiarie e degli altri enti dipendenti dall’autorità ecclesiastica.

Nel ruolo definitivo di queste tasse troviamo la prepositura di Monte di Varenna tassata per lire otto, i quattro canonicati complessivamente per lire nove, la chiesa di San Giorgio di Varenna per lire tre, e la cappella di San Giovanni Battista di Varenna per lire quattro.

Questo grande numero di preti non corrispondente ai bisogni della scarsa popolazione era causa per qualcuno di essi di indisciplina e di sregolatezza. Da una lettera scritta dal coadiutore di Perledo al cardinale Carlo Borromeo togliamo: «Circa l’abito, vita e costumi del canonico nostro qual si chiama Ludovico Hongania da Regolo, mai non fa pubblicazioni di editti, nè altra admonicione, nè sta in habito ne in vita, anzi ogni giorno porta arme offensiva et difensiva, con giuochi pubblici et secreti — pratica con banditi et in questo carnevale fece giorno e notte mascherato, residenza nulla, manco officio»1.

In seguito a questa denuncia il canonico Hongania venne privato del beneficio.

Ma anche gli altri canonici dovevano essere poco ligi al loro dovere, perchè troviamo che nel 1569, in occasione della visita fatta dal preposto di Dervio alla prevostura di San Martino di Perledo, il Sacerdote Antonio Arrigoni, beneficiario della cappella di Santa Maria e Michele, viene privato del beneficio. Anche il sacerdote Battista Sala, beneficiario della cappella di Santa Maria Elisabetta in Varenna, viene privato del beneficio da Monsignor Fontana, e così pure i sacerdoti Giuseppe Scotti, beneficiario della cappella dell’Annunciata, e Giuseppe Sala beneficiario della Cappella di San Rocco in Varenna, vengono privati dei rispettivi benefici.


Il notaio Raffaele de Matti di Tondello ci ha tramandato un memoriale del preposto di Perledo, in data 1570, in cui il Reverendo Giuseppe Isacco descrive a vivi colori lo stato miserevole della sua chiesa, ed invoca soccorsi dalla curia arcivescovile.

Relativamente ai fabbricati destinati al culto, abbiamo il seguente documento che ci dà interessanti particolari sull’ampliamento della Chiesa di Sant’Antonio di Vezio:

«Sia noto et manifesto a chiunque legerà il presente scritto qualmente maestro Tomaso di Tarelli et ser Pietro di Zucaroli tuti doi del loco de Vetio sindici della chiesa di Sant Antonio posta in esso luogo di Vetio per una parte et li maestri Batista di Garimberti del loco di

  1. Ambrosiana, Lettere di San Carlo, F. 109 — 231 - 16 aprile 1567.