Pagina:Vittorelli - Poesie, 1911 - BEIC 1970152.djvu/91

Vili

— Siedi — mi disse Amore, —
siedi fra questi mirti:
gran cosa io son per dirti,
e sederommi io pur.

Da la fatica il lasso
mio corpicciuol trasuda:
ho vinto la piú cruda
di quante mai vi fur.

Scagliai tre dardi invano
d’acciaio rilucente;
ma il quarto finalmente
nel core la investi.

Sappi, Filen, ch’io t’amo,
che i tuoi sospiri ascolto... —
Qui diemmi un bacio in volto,
sorrise e dispari.

IX

Se vedi che germoglia
ne’ piú silvestri dumi
al foco de’ tuoi lumi
o rosa o gelsomin;

se un dolce zeffiretto
ad incontrar ti viene,
e gode, o bella Irene,
di sventolarti il crin;

se rinverdisce un’erba
lungo il sentiero, e chiede
dal tuo leggiadro piede
un’orma sola in don;

sappi, vezzosa ninfa,
che per virtú d’Amore,
quel zeffiro, quel fiore
e quella erbetta io son.