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CXXXII

Per la professione nel monistero benedettino di Ognisanti in Padova
di donna Maria Vittoria Romano (1).

Ah ! se per custodir libere e intatte
le voglie sue da l’amorosa fiamma
fugge nel chiostro, come in verdi fratte
fugge dal cacciatore ansante damma;

se co la neve il suo candor combatte,
né di senso mortai serba una dramma,
la gloria è tua che le porgesti il latte
de la tua pura inessicabil mamma.

Quindi vederti assistere oggi parmi,
bella Pietá, sovra dorato nembo
tra i sacri fiumi e i nuziali carmi.

Maria ti strigne de la vesta il lembo
e grida sospirosa: — Ah ! non lasciarmi;
io crebbi teco e vo’ morirti in grembo.

CXXXIII

PER LE NOZZE BAGGIO-ROM ANO

In nome del conte Roberto Roberti, alla sposa (2).

Udito avrai che questi ameni colli,
questa vaga, ridente, alma pianura,
e il sol non mai velato e l’aria pura
che suscita dal tralcio uve piú molli,
a noi li die’ benefica e negolli
agli adriani cittadin natura (3),
benché di sacra antichitade oscura
e di famosi pregi il cielo ornolli.

Ma tu, sposa gentil, non ismarrirti,
e non scemar però quel gaudio intenso
che dolcemente innèbbriati gli spirti ;

poiché il suolo palustre e l’aer denso
(Paola, credilo a me) sapranno offrirti
in un tenero sposo ogni compenso.

(1) Allusivo al primo verso di un inno dell’Averani: «Te Pietas teneris lactentem
fovit in ulnis», ecc.

(2) La signora Paola Baggio, la «Irene» del Vittorelli.

(3) Lo sposo viveva allora in Adria, ma la patria era Conselve.