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CXXII
MONACANDOSI DUE NOBILISSIME SORELLE
Vinceste, anime forti, e l’empio mondo
restò conquiso e debellato in campo:
vinceste entrambe, e non vi fur d’inciampo
rosea guancia, inclit’avi e suol fecondo.
Né ricovraste d’erma valle in fondo
timide e bianche a procacciar lo scampo;
ma degli onor, de le ricchezze al lampo
serbaste il core intemerato e mondo.
Candidi giovinetti, alme donzelle,
de l’ucciso Oloferne al tristo scempio
fate i gridi volar sopra le stelle.
Fra gli agguati e le mense or cadde l’empio;
e a un punto sol fraterna destra imbelle
due volte rinnovò l’antico esempio.
cxxm
A DONNA CRUDELE IN AMORE
Solea con alto stil giá farmi udire
per impetrar mercé da chi mi fea
mille affanni provar di morte rea
con durezze contrarie al mio desire.
Solea con gravi rime di lei dire
quel che fervida mente ordisce e crea:
sovra de’ numi, non pur donna o dea,
per usanza tenerla aveva ardire.
Tacqui alfin, ché non valsemi il desio,
l’inchiostro sparso e i sospir cupi e felli
per ammollir quel cor fatto di pietra.
Pur se ancor non sdegnasse il pianto mio
né suoi occhi mi fusser si rubelli,
riprenderei l’usata amica cetra.