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Se al gran desio che a favellar mi sprona
e al tuo valor fosse l’ingegno eguale,
sebben di oscura lode a te non cale,
pur vorrei dir quel che nel cor mi suona.

Direi, Vittorio illustre, e mel perdona,
che il tuo felice nome è giá immortale;
che de la tua virtú, che in alto sale,
stupisce il Brenta, e ognun di te ragiona;

che sei quell’ uomo desiato tanto
da la patria che t’ama, esempio vero
di bel costume e di cortese tratto;

che ottieni d’umiltade il primo vanto.

Ma perché io temo non t’offenda il vero,
taccio e di ragionar m’arresto a un tratto.

CVII

Per la professione di Maria Giovanna Francesca Roberti
in nome del padre delPautore.

Su la misera Brescia aspersi il ciglio
d’amaro pianto e palpitai d’orrore,
quando nel sommo universal periglio
tanta giacque di lei parte migliore.

Finsemi tosto (e che non finge amore
in cor di padre?) nel rapace artiglio
di lei che tronca al viver nostro Bore,
compreso anch’esso il tenero mio figlio.

E sua preda or saria, ma noi sofferse,
vergin, quel Dio che invan mai non s’implora,
e alfin rasserenò quest’alma oppressa.

Quai render grazie che non sian diverse
potrò dal dono? Ah! per me stesso ancora
sul pacifico aitar offri te stessa.